lunedì 4 febbraio 2013

Giancarlo Micheli, La quarta glaciazione, Pasian di Prato (UD), Campanotto, 2012


recensione alla raccolta di versi La quarta glaciazione (Campanotto, Udine 2012) di Giancarlo Micheli; pubblicata in: Il Convivio (Anno XIII n. 4 Ottobre - Dicembre 2012 n. 51)
 
 L’opera di Giancarlo Micheli si propone come poesia sperimentale, che mantiene un interesse per il senso, per la poeticità, per il plurilinguismo. Rientra in una poesia estremamente interessante di cui in pochi oggi in Italia hanno dato dei frutti, ovvero una linea sperimentale che mantiene un senso nella poesia, in cui l’esperimento non è solo fine a se stesso. La poesia è dunque un fluire continuo, che si accosta al fluire della vita: «La vita è il balsamo unico / E l’imbalsamazione un balzo nella vita» (Del buio). Il cammino del poeta va alla ricerca della libertà, del secretum e per raggiungere questi obiettivi medita sulla realtà e su se stesso nella consapevolezza che «Nel volere ciò che non si è / consiste la libertà» (Conatus in suo esse perseverandi). La riflessione sulla vita avviene in uno status tra la realtà e la visione, tra la vita stessa, il sonno e la morte. Nella dinamica della raccolta il desiderio di libertà e la sua consapevolezza vengono spesso affiancati alla figura del vento che ha una rilevante occorrenza lemmatica e che si connette non solo con la libertà ma anche con la volubilità delle cose. Questo moto che ha come correlativo oggettivo il vento si ritrova nella prassi poetica attraverso il poema, che è uno degli aspetti modernissimi, e allo stesso tempo classici, di Giancarlo Micheli. Lo sperimentalismo poetico e la poesia modernissima dell’autore divengono classici, difatti nella stessa raccolta si ha la sintesi di come il classico, come lingua o struttura poematica, raggiunge lo status di contemporaneità. Il poeta sta appeso «alle fibre degli sguardi (Amore della prospettiva) e indaga il mistero dell’uomo: «Uomo è tanto bello vederti passare / Confuso alla nube dei tuoi giorni / Ché non so bene chi tu sia / Di che genere o da quale paese  / Tu sei un mistero da custodire / E non una conversazione / Da tenere in una stanza / Tra il tuo discorso e te» (Et consumimur igni). Il fluire poetico è percepibile non solo attraverso libere associazioni di idee e di immagini, ma anche attraverso il plurilinguismo e la mancanza, spesso, di segni interpuntivi che, tuttavia, non rende complessa la lettura ma l’agevola nei meandri della mente del poeta. Si presenta, dunque, un autore in viaggio eterno, alla ricerca di infiniti mondi possibili tra omerismo e le infinite possibilità che ricordano Leopardi: «Ho la mia nave / sulla quale i viaggiatori / prendono il sole nelle mani / tutte le volte che immagini / Le mura di Gerico / O una seconda opera / Lungo il tempo che fanno / Scegliendo ogni volta / La loro legge e il loro amore / In ragione dei quali esistono / Possibili in eterno». La quarta glaciazione di Giancarlo Micheli si presenta come diario mentale in cui al centro abbiamo la parola che ha un valore archetipico in quanto ogni lemma è essenziale. La varietà degli stilemi è un altro aspetto della raccolta come nel caso del poemetto in sequenza di sonetti Res accendent lumina rebus. La ricerca di verità e libertà, nel fluire delle infinite possibilità, rende l’uomo naufrago in «Un cedere del cuore / Nelle paratie del mare interno» (Naufraghi nel tempo), in cui si assiste al dilagare e all’osservazione del poeta.
Giuseppe Manitta
 



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